SACE, OBIETTIVO 650 MILIARDI PER L’EXPORT TARGATO MADE IN ITALY

«Quattro numeri. La dimensione e la capacità di adattamento dell’export italiano possono essere racchiuse in quattro cifre». A ricordarlo è l’amministratrice delegata di Sace, Alessandra Ricci, che spiega:«Le nostre esportazioni nei primi 11 mesi dello scorso anno sono cresciute del 20%, un aumento destinato a proseguire con un tasso del 5% al termine del 2023, quando il valore complessivo dell’export italiano toccherà quota 650 miliardi di euro, confermando che l’Italia è tra i primi 10 Paesi esportatori al mondo». I dati illustrati da Ricci confermano, insomma, la solidità del tessuto produttivo italiano nel «fragile» contesto tratteggiato dalla Mappa dei Rischi 2023, il documento con la ricognizione su 200 mercati esteri, elaborato dal gruppo guidato da Ricci, e presentato durante l’evento streaming “Stabile Fragilità. Le vie di crescita sostenibile”, condotto dal vicedirettore del Corriere della Sera, Daniele Manca. «Abbiamo una solida base di partenza, noi dobbiamo lavorare sull’apertura di nuovi mercati e la pandemia e la guerra in Ucraina hanno dimostrato quale capacità abbiano le imprese italiane nel riposizionarsi su mercati diversi, il nostro compito è continuare ad affiancarle offrendo loro protezione», conferma Ricci, ribadendo il ruolo di Sace in veste di gruppo assicurativo-finanziario nazionale specializzato nel sostegno alle imprese italiane. La sfida per le aziende del made in Italy è orientarsi nel contesto internazionale delineato nell’analisi della Mappa dei Rischi 2023.

La mappa dei rischi

Un quadro che gli analisti guidati da Alessandro Terzulli, chief economist di Sace, definiscono di persistente difficoltà, poiché connotato da fattori come la debolezza del ciclo economico, l’incertezza geopolitica e l’allerta climatica ed energetica. L’analisi di 200 diversi mercati indica che i rischi di credito restano complessivamente stabili, senza però alcun miglioramento rispetto alla flessione dell’ultimo triennio. Sul versante geo politico lo studio segnala che «i rischi politici si fanno più intensi e gli eventi climatici dispiegano impatti dirompenti». Nell’elenco dei Paesi che rappresentano un’opportunità il documento curato da Terzulli indica India, Vietnam, Emirati Arabi Uniti, Brasile e Messico. Qualche riserva viene espressa sui mercati dell’Africa Subsahariana, mentre il suggerimento di un «approccio selettivo» riguarda Medio Oriente e Nord Africa. In sintesi dallo studio emerge che il livello di rischio del credito diminuisce in 57 Paesi, resta stabile in 72 e aumenta in 65. «La nostra mappa dei rischi è più che mai indispensabile alle imprese italiane per orientarsi e per crescere sui mercati in maniera competitiva, sana e sostenibile. I rischi del credito, politici e climatici vanno letti in maniera integrata, ma un dato emerge sugli altri: sostenibilità e transizione sono priorità su cui investire per costruire la crescita futura delle aziende», osserva Ricci.

Il sistema Italia

Una testimonianza di impresa che compete all’estero arriva da Letizia Magaldi, executive vice president Magaldi Green Energy. «Un nostro brevetto sono le batterie di sabbia, veri e propri accumulatori di energia grazie a un sistema basato sulla tecnologia del letto di sabbia fluidizzato che conserva e restituisce energia termica. L’idea era di realizzare un sistema che ci tenesse quanto più possibile al riparo dalla scarsa disponibilità dei materiali, che oggi sappiamo è un elemento di criticità». A intervenire è anche Lorenzo Bini Smaghi, presidente di Société Générale, oltre che ex presidente di Sace. «I dati odierni dimostrano l’infondatezza di una delle grandi paure per l’economia italiana, cioè che con la fine della lira le nostre imprese non avrebbero retto la concorrenza internazionale. In passato di fronte a uno shock la prima reazione era la svalutazione monetaria per consentire al sistema Italia di recuperare. In realtà l’arrivo dell’Euro ha spinto le aziende italiane a rimboccarsi le maniche dimostrando una capacità di innovazione impareggiabile. La stabilità monetaria ha, insomma, aiutato il nostro sistema produttivo».

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